top of page

Senza titolo #parte1



Aveva sempre avuto problemi a farla fuori casa.

Che fosse a casa di amici o di conoscenti, o all’interno di un bar, la cosa non cambiava. Era come se non le scappasse più. Un attimo prima rischiava di farsela addosso, l’attimo dopo, all’interno del bagno mentre fissava le piastrelle con i muscoli delle gambe tesi per lo sforzo di non perdere l’equilibrio e non toccare il bordo del water, la pipì sembrava offendersi, tornava ai reni e si rifiutava di scendere.

Avrebbe voluto essere come tutte le sue compagne. Loro ci mettevano pochi secondi. Calavano i pantaloni, le mutande, si avvicinavano alla tazza senza sedersi mantenendo un equilibrio perfetto e facevano pipì. Poi si asciugavano con un pezzetto di carta igienica che a lei pareva sempre insufficiente per il compito che doveva andare a svolgere; poi basta, si rivestivano. Era tutto lì. Ma quando ci provava lei le cose cambiavano. Prima di tutto non sopportava la posizione: piegata in avanti, vicina al water ma non troppo, a poco a poco le gambe iniziavano a farle un male cane e i muscoli a tremare; seconda cosa la pipì non voleva proprio scendere ma, quando quelle rare volte che per miracolo la sua vescica la accontentava, le colava tutta lungo le gambe. Ecco perché entrava sempre da sola nei bagni pubblici ed ecco perché aveva trovato uno stratagemma: saliva sopra la tazza del water con le scarpe e si accucciava. In quella posizione non si imbrattava e poteva restarci per tutto il tempo che voleva.

Ma stavolta era diverso, il bagno del bar era sporchissimo e lei non se la sentiva di calpestare con le suole l’urina maleodorante delle altre persone.

Si passò le manine sulle cosce, lì, dove c’erano ancora i segni dei colpi della cintola di due pomeriggi prima. Dai, forza, implorò mentalmente contraendo i muscoli della pancia e spingendo. Strinse le palpebre quando avvertì una leggera fitta proprio dove aveva passato la mano. Non fanno poi così male, pensò più per orgoglio che per altro, non se ne accorgerà nessuno.

La vergogna che provava la spingeva a nascondere il dolore che sentiva. Probabilmente se avesse confidato quello che era successo non le avrebbero creduto e l’avrebbero chiamata bugiarda e lei si sarebbe vergognata ancora di più. Sapeva bene quello che dicevano sul conto di sua madre, che era una donna perbene, onesta e riservata. Soltanto con Nico era riuscita a confidarsi, perché lui l’aveva vista quando erano andati in gita coi boyscout insieme e lei non aveva fatto in tempo a coprirsi le gambe.

Che hai lì, le aveva chiesto. Aveva scrollato le spalle, niente, aveva detto.

Ma lui non ci aveva creduto e con l’intelligenza che lo distingueva dagli altri bambini aveva subito capito il problema.

Perché non lo hai detto a tuo padre?

Fu in quel momento che le tornarono alla mente le immagini delle vallette alla televisione mentre dimenavano i fianchi prosperosi coperti da mini abiti. C’erano sempre musichette ridicole e battute sceme del presentatore ad arricchire la scena. Quando pensava a suo padre le tornavano alla mente sempre quelle immagini e quelle risate. Come quella volta che stavano guardando quel programma del dopocena di cui non ricordava mai il nome. Erano ancora a tavola mentre suo fratello era già salito in camera e lei stava spezzettando i fagiolini che aveva nel piatto. Li tagliava per rompere la buccia e far uscire i fagiolini più piccoli che stavano all’interno. Ogni volta che faceva così sua madre la guardava con uno sguardo che la agitava, un misto tra disapprovazione e disprezzo, e che andava a conficcarsi proprio sul fondo del suo stomaco, togliendole la fame. Aveva provato ad attirare l’attenzione di suo padre perché voleva raccontargli del bel voto che aveva preso al tema di italiano, ma non ci riusciva, ogni volta che lo chiamava papà lui non la sentiva e continuava a ridere alle battute del presentatore che in giacca e cravatta lanciava sguardi allusivi ai profondi decolté delle vallette. Però ci teneva a raccontarglielo, quindi aveva lasciato andare la forchetta e con la mano aveva tirato leggermente la manica del maglione di suo padre, chiamandolo di nuovo. Nessuna risposta. Aveva riprovato, un po’ più forte. Papà! Poi un piccolo bagliore di speranza, suo padre che si volta verso di lei, ma la guarda irritato. Il pugno che lui aveva improvvisamente sbattuto sul tavolo l'aveva fatta sobbalzare sulla sedia.

«Allora, l’hai fatta?», le domandò sua madre al di là della porta. La sua voce spazientita la riportò in fretta alla realtà e si accorse di essere ancora nel bagno del bar con i pantaloni e le mutande calati fino alle ginocchia e la pipì che non voleva saperne di uscire. Si rassegnò all’idea che doveva passare qualche altra ora con la vescica piena, prima di poterla svuotare al sicuro nel bagno di casa sua. Prese della carta e si asciugò per abitudine, poi tirò l’acqua e osservò la carta venire prima a galla, investita dal getto per poi essere trascinata verso il fondo vorticando in senso orario fino a scomparire.

7 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti

L'abisso

bottom of page